La quarantena forzata ha purtroppo evitato che molti esercizi commerciali continuassero a lavorare; la decisione sofferta, ma necessaria, è stata presa ovviamente per arginare il più possibile la possibilità di contagiarsi con il CoronaVirus. Fra i negozi temporaneamente chiusi ci sono ovviamente estetisti e parrucchieri, primi fra tutti a esser messi al corrente delle restrizioni governative.
Ironizzando ci viene sempre da dire che è un grosso problema per tutti noi che ricorriamo alle sapienti mani degli esperti per dedicarci a trattamenti estetici di vario tipo, ma cosa rappresenta invece per i proprietari delle attività? Dall’inizio del lockdown abbiamo visto che sono stati tanti gli eversivi che si sono sottratti all’applicazione della legge, da Bisceglie fino a Catania. Ma quanto pesa una saracinesca abbassata? Ce lo racconta Francesca Bufalino.
Francesca Bufalino riapre la serranda
Avere un’attività è dispendioso: fra l’affitto della locazione, le bollette, i macchinari e i materiali se ne vanno via parecchi soldi ogni mese. Cosa vuol dire quindi chiudere temporaneamente un negozio o un salone da parrucchiere? Francesca Bufalino ha 55 anni e fa la parrucchiera, ma non può permettersi di aspettare che il Governo conceda la riapertura degli esercizi commerciali come il suo. Sabato 11 aprile, quindi, Francesca ha tirato su la saracinesca del suo salone. Lo Stato ha deciso di riaprire librerie, cartolerie e negozi di abbigliamento per bambini. Perché ai parrucchieri non è permesso ricominciare a lavorare?
Ecco le parole della Bufalino: «Perché noi parrucchieri invece non possiamo lavorare? Io da febbraio facevo entrare le clienti una per volta e mi ero dotata di mascherine e gel igienizzanti. Ho fatto un investimento per me sostanzioso che si è tradotto in una spesa inutile in pochi giorni, perché ci hanno fatto chiudere». Francesca ha due figli di 25 e 33 anni ed è divorziata, dall’inizio dell’isolamento forzato ha perso la sua unica fonte di guadagno e non sa come tirare avanti. «Questa emergenza mi sta umiliando – dice la parrucchiera – Ogni volta che mio padre e mia madre oppure uno dei miei figli mi aiuta portandomi del cibo per me o per i miei animali, mi sento morire. Com’è possibile che dopo 40 anni di lavoro, una vita di sacrifici, ci si possa ridurre così? Sono in ginocchio, ma non voglio inginocchiami davanti allo Stato. Per questo protesto».
Riapertura prima del lockdown?
Secondo la parrucchiera il suo salone conta un massimo di dieci clienti al giorno, ma sarebbe disposta a ridurre gli appuntamenti fino a tre pur di poter tirare avanti e procurarsi quantomeno i soldi per onorare i suoi debiti e ovviamente provvedere al suo mantenimento: «Serve un aiuto sia per noi inquilini sia per i proprietari. Anche per loro spesso il mancato incasso degli affitti è un danno grosso, ma se io non lavoro non ho materialmente le possibilità di onorare i debiti. Riaprire rispettando le indicazioni governative sarebbe una boccata d’ossigeno che mi permetterebbe di vivere come ho sempre fatto, con dignità. Ovviamente fornirei tutte le protezioni necessarie per la sicurezza di tutti».
Dal momento che dovremmo abituarci – almeno i primi tempi – a vivere l’esperienza da estetiste e parrucchieri in maniera differente da come siamo sempre stati abituati, forse il Governo potrebbe prendere in considerazione l’idea di permettere ai padroni di queste attività di ricominciare a lavorare un po’ prima della fine del lockdown, così da evitare grossissimi danni finanziari.